Nel nome della madre

La mamma di Francesca non aveva mai rivelato a nessuno chi ne fosse il padre. La gravidanza era passata inosservata fino a quando la sorella aveva incominciato a sospettare qualcosa perché i vestiti le aderivano troppo. Che cosa si era messa in testa, negava calma la mamma di Francesca, non era possibile, non era nemmeno fidanzata. Quando poi gli avvenimenti, seguendo il corso naturale, erano precipitati, la famiglia era stata messa davanti ad una creatura, dagli occhi celesti ed innocenti, come quelli della Madonna, aveva detto qualcuno, mentre la nuova zia inorridiva per l’accostamento blasfemo.

Francesca era tornata a vivere nella casa della mamma, anche se non le piaceva come stavano andando le cose con la zia suora che, anche da lontano, comandava sulla famiglia per mettere ordine nelle loro vite, che non si erano ancora sistemate dopo il fatto straordinario della sua nascita, avvenuto più di cinquant’anni prima. Anche il vecchio zio scapolo, che pranzava sempre con loro, si comportava da padrone nella casa che sarebbe stata sua e della mamma, ora che aveva lasciato il marito.

Francesca era cresciuta in una famiglia difficile, senza alcun dubbio, a causa del carattere cupo di quel signore che non era mai riuscita a chiamare papà, per lo sguardo poco paterno con cui la osservava diventare grande. Le avevano cambiato anche il cognome che prima aveva uguale a quello della mamma. Era stata chiamata come il patrigno.

La madre, che si era mostrata così determinata nella circostanza della sua nascita, era diventata arrendevole con il marito, molto più anziano, e lasciava che fosse lui a decidere della loro vita, mentre cercava di capire che cosa passasse nella testa di quella ragazzina strana, che in casa non parlava, piangeva per niente, rimaneva chiusa in camera. Non è che la figlia le rispondesse male, come facevano le altre della sua età, anzi era docile, in questo le somigliava, ma le sembrava persa in un mondo pieno di segreti tristi, le appariva come una creatura misteriosa, venuta da un altro luogo, che non capiva le regole necessarie per sopravvivere nella confusione di questo mondo.

Francesca vedeva i gesti e sentiva le parole, ma non sapeva come interpretarli. E non perché non fosse intelligente, a scuola andava benino, stava attenta e trovava il suo ordine nella matematica, dove i numeri sono sicuri, si combinano secondo delle regole precise e i risultati sono prevedibili. Al di fuori dei numeri, il mondo non era un posto tranquillo, perché ogni cosa poteva cambiare da un momento all’altro. Il dottore diceva che era un problema di insicurezza, ed era vero, lei non capiva cosa fosse giusto fare, perché le sembrava che tutti la guardassero male, forse per quelle piccole macchie bianche che aveva sui polsi. Se le voci si fossero presentate subito in modo distinto, forse le avrebbe riconosciute e in qualche modo si sarebbe difesa, invece all’inizio le pareva di udire una specie di rumore nell’orecchio, dei bisbigli che neanche comprendeva. Si era lasciata invadere ed erano diventate delle compagne fastidiose che l’importunavano, la criticavano, le ordinavano di fare cose che non voleva fare, la confondevano. Sentiva sempre la frenesia di allontanarsi, per lasciarle indietro, ma ovunque andasse si accorgeva che la stavano aspettando. Voleva scappare, senza sapere dove, per cercare il suo vero padre, che forse era Dio e l’avrebbe liberata dal tormento.

Ora Francesca abitava con la madre e con lo zio padrone, dopo aver capito che non poteva continuare a vivere nella stessa casa con il marito, che avrebbe potuto esserle padre. Non l’aveva mai trattata come una vera moglie, l’aveva costretta a vivere nell’appartamento di sotto, non la portava in macchina a giocare a tombola e lei si vergognava, si sentiva diversa di fronte agli altri del paese. A volte lo vedeva come se fosse un santo, oppure Gesù Cristo, ma questo proprio non poteva crederlo, lei lo conosceva bene. La figlia se n’era andata e il marito era diventato del tutto intrattabile, litigava con i vicini, non aveva nessun amico. Lei invece aveva degli amici, adesso, dopo che aveva incontrato Adriana, un vero miracolo, ripete spesso.

Era successo che un giorno, quando ancora abitava sotto al marito, mentre tornava dal mercato, il vicino di casa, che suonava in un’orchestra di liscio, l’aveva salutata e le aveva chiesto come stava. Bene, grazie, e così l’aveva invitata ad andare a giocare a carte in casa sua con gli amici. Era sempre molto sola, ci dice, e le sembrava impossibile che potesse succedere che qualcuno le rivolgesse la parola, con quel marito che tutti detestavano. In casa del vicino aveva incontrato Sonia, una signora russa, e soprattutto aveva conosciuto Adriana.

Arrivata a quel punto della sua vita, Adriana aveva un solo desiderio: un nipote, che non arrivava. Per il resto aveva avuto proprio tutto, un buon lavoro come cuoca, due figli, un maschio e una femmina, un marito lavoratore e una casa che avevano costruito con i loro risparmi. Adesso Vittorio era molto anziano e stava quasi sempre in casa sulla carrozzina, davanti al televisore con il telecomando in mano, ma non le aveva mai fatto mancare niente.

Invece quella “ragazza” le faceva una gran pena, sempre sola, tutti lo sapevano che il marito, un vecchio da cui era meglio tenersi alla larga, non la trattava bene. Si vedeva che Francesca, poverina, non stava bene, con quella malattia delle voci che bisogna starci molto attenti, ti possono anche portare nei pericoli e si rischia di morire. Lei si era molto affezionata, alla domenica l’invitava a pranzo e dopo andavano insieme a giocare a tombola. Francesca era molto brava, teneva davanti tante cartelline ben allineate e non c’era pericolo che si confondesse o perdesse un’estrazione. Sembrava che si fosse messa d’accordo con i suoi numeri, che uscivano regolarmente e vinceva più di tutti gli altri.

Il problema era che lei, Adriana, si sentiva molto responsabile e non perdeva mai di vista l’amica, perché in giro ci sono degli uomini che possono approfittarsi delle persone come lei. Anche il marito le voleva bene e la rispettava, questo glielo diceva sempre a Francesca, perché capisse la differenza, e tutti e due erano contenti di occuparsi di lei, non sapevano cosa fare, i figli non avevano più bisogno. Quando Francesca ha trovato la forza per separarsi dal marito, lei e Sonia l’hanno aiutata a fare gli scatoloni, poi hanno caricato tutto sulla macchina e l’hanno accompagnata a Modena a casa della mamma, anche lei così anziana, che ha paura di non farcela più a star dietro a questa figlia, che avrebbe ancora tanto bisogno.

Francesca, con la sua un’aria svagata, ci dice che la nostra proposta le interessa, però per favore, chiediamo alla sua amica di non starle troppo addosso, che almeno vorrebbe andare da sola al mercato al sabato mattina. Lei ci va molto volentieri da Adriana , prende l’autobus da Modena e rimane anche a dormire, perché ha la sua camera. In paese si sta meglio, loro due vanno in centro, si comprano qualche vestito, incontrano gli amici per giocare a carte, mentre Vittorio, che non cammina bene, rimane a casa. Ogni sabato è così, tranne quel periodo in cui hanno litigato perché l’amica non la lasciava in pace, la seguiva sempre con la paura che stesse male, che le capitasse qualcosa, che morisse, addirittura, per le voci. Bisognerebbe proprio convincerla che così la sfinisce, lei ci ha provato, ma l’amica delle volte non la lascia nemmeno parlare. Però anche se litigano poi finisce sempre che fanno la pace, si chiedono

scusa mille volte e ritornano amiche come prima. Nessuno le ha mai dimostrato di volerle tanto bene. Ripete che la nostra proposta le interessa, perché la madre compie ottanta anni, sta invecchiando, ma non ora, magari più avanti. Per il momento le sembra di fare troppe cose, va anche al gruppo di uditori di voci, che lo sa, non possono sparire, ma si può imparare a fare in modo che non disturbino troppo, anzi delle volte sono quasi una compagnia. Poi c’è il doposcuola per i bambini stranieri, dove insegna la matematica che le è sempre piaciuta perché i numeri sono precisi e con le operazioni, non si sbaglia, come con le parole.
Veramente, ci fa notare la mamma, che l’accompagna, se siamo ancora del parere, si dovrebbe soltanto riconoscere che la famiglia di Adriana fa proprio quello che noi abbiamo proposto. Lei sarebbe molto più tranquilla, non sa fino a quando potrà starle dietro, ci vuole tanto impegno, possiamo immaginarlo, poi, deve essere sincera, quando va dall’amica lei si riposa e la figlia sta bene al paese, anzi sta proprio meglio. Così si sentono in debito, qualcosa bisognerebbe riconoscerlo ad Adriana, che non ha mai chiesto niente, sia chiaro, certo se si potesse…

Il contratto tra Francesca e Adriana viene firmato per regolare come inserimento la loro amicizia.

Dopo aver lasciato il marito, Francesca si è liberata anche dal peso di un cognome che non avrebbe mai voluto. Adesso, quello che porta è il nome della madre.