Gli amori degli altri

Gli amori degli altri

Ogni mattina, appena sveglia, Marta si chiedeva come avrebbe fatto ad alzarsi, perché il suo corpo non ne voleva sapere, poteva farlo, ma era come se si fosse fermato il motore, diceva sua madre. Il motore era nella testa, pensava, che però non funzionava sempre come avrebbe dovuto.

Per rimediare all’inconveniente della partenza, Marta aveva preso l’abitudine di scrivere una lista delle cose da fare, dopo che la mamma l’avesse tirata giù dal letto. Raramente le capitava di mettere in elenco qualche impresa straordinaria, come prendere il treno o andare al cinema, nella lista c’erano le solite azioni, quelle piccole, che la maggior parte della gente fa e basta, senza perdere tempo a pensare di farle. Lei invece aveva bisogno della lista che scriveva alla sera, prima di addormentarsi, la metteva sul comodino ed al mattino la consultava. Si trattava di un metodo che le aveva insegnato l’infermiera per seguire un programma che ogni giorno avrebbe portato dei piccoli miglioramenti.

E lei, con il cuore, come diceva, voleva assolutamente che la sua vita ritornasse abbastanza normale, ma non le era facile mettere d’accordo il cuore, cioè il desiderio, con la testa e con il corpo.

Il desiderio funzionava bene, ne sentiva dentro una grandissima quantità, era sempre stato così, anche quando era molto più giovane e non era ancora successo niente di importante. Allora non le era difficile fare le cose secondo i suoi desideri, che erano molto semplici, quelli di una ragazza esuberante che usciva con gli amici, lavorava da impiegata, si comprava dei vestiti e guidava la macchina. Anche con i fidanzati le cose sarebbero andate bene, nel senso che non aveva difficoltà a trovarne, però non duravano mai a lungo. Rimaneva quasi sempre delusa, perché le sembrava che l’amore ricevuto fosse poco, in cambio di quello che dava, sempre troppo, come le avevano rimproverato.

Anche il suo corpo allora funzionava bene, faceva quello che la testa gli comandava, la portava dove voleva andare; adesso sembra un’auto con la batteria scarica, che parte solo se viene spinta. Marta lo dice sempre che la devono tirare per farle fare le cose. L’altro giorno, per esempio, era in basso e avrebbe dovuto fare tre piani di scale per entrare in casa, invece è rimasta seduta sul primo gradino fino a quando è scesa la mamma che l’ha tirata su, ma proprio di peso. Lo capisce anche lei che la mamma è anziana e ormai non ce la fa più, ma non si tratta di capricci, come qualcuno le rimprovera, devono essere i farmaci che separano la testa dal corpo, che ha smesso di obbedire.

Lei crede che la colpa sia proprio dei farmaci, perché quando ha incominciato a stare male, e aveva poco più di vent’anni, il suo corpo seguiva anche troppo la mente, che si era messa a funzionare in un modo disordinato. I pensieri giravano velocemente e le pareva che non le appartenessero. In un certo senso quei pensieri si erano installati e lei doveva subirli, specialmente le voci che le parlavano dei segreti amorosi delle persone, perché tutti hanno dei segreti, che però a lei non interessavano e non voleva sapere. Avrebbe voluto fare la sua vita come sempre, invece non c’era più spazio per altro, non aveva scampo, soprattutto la sera, quando era in casa, e i pensieri rimbalzavano da una parete all’altra della sua camera. La finestra sembrava l’unica possibilità di salvezza e per due volte era riuscita a fuggire buttandosi di sotto, dal terzo piano. Il suo corpo si è ripreso molto lentamente, ma non del tutto.

La mamma dice che è stanca, che alla sua età avrebbe il diritto di riposarsi ed invece deve ancora badare ai suoi figli. Ogni mattina deve tirare giù dal letto Marta e se non lo fa, quando torna dalla spesa la trova ancora lì ad aspettarla, come una principessa seduta sul trono della sua malattia. Lei continua a chiedere che la si aiuti, ma ci sono molte cose che non funzionano come dovrebbero e intanto si sente come un aereo che perde quota, prima di schiantarsi.

Marta sa benissimo cosa c’è scritto nella lista, perché sono sempre le solite cose, come lavarsi i denti, pettinarsi, prendere le medicine, mettere i vestiti che ha preparato sulla sedia, guardare la televisione, aspettare che venga l’infermiera che la porti a fare una passeggiata, non troppo lunga, perché si affatica con quei piedi che non si sono aggiustati bene. Il problema è che si annoia e vorrebbe fare anche altre cose, più normali, come andare in centro in bicicletta, far riparare il computer, fare la spesa con sua madre, uscire alla sera con un’amica e anche trovarsi un fidanzato. Perché, alla sua età, le altre fanno la vita delle ragazze, se non sono sposate. Lei non vorrebbe sposarsi come ha fatto sua madre, che alla fine è rimasta sola con loro due, da quando il marito è tornato dalla nonna, che ora è vecchissima, ha più di novant’anni. Due anni fa ha smesso di fumare per fare un regalo a suo padre che continuava a dirglielo, ma dopo non hanno avuto più niente da dirsi.

Marta sente ancora l’inquietudine di quel corpo che contiene tanta vita sospesa tra la chimica dei farmaci e gli intrighi degli amori segreti, che alla sera salgono dalla strada e abbandonano fantasie negli angoli appartati della sua camera. Sa che tutta la sua contraddizione è fra l’eccesso di vita dentro, e l’immobilità delle giornate, fuori. Sembra impaziente di farci capire come stanno le cose. Ci racconta che sarebbe una ragazza estroversa, vorrebbe riprendere la bicicletta, andare in associazione, ma ha bisogno di essere tirata, ci sono le infermiere, sono brave, ma le rimane tanto tempo vuoto, sempre uguale. E’ stata lei che ha fatto la proposta dell’inserimento.

Il volto della mamma, che guarda davanti a sé, ha un’espressione in cui si mescolano la stanchezza e lo scetticismo di chi le ha provate tutte e sa che i nuovi progetti sono destinati a naufragare, sua figlia non ha costanza, sostiene, non si impegna mai abbastanza, glielo dice sempre, ma non riesce a farla muovere, dovrebbe andare in palestra, con tutti i problemi che le sono rimasti. Comunque faranno anche questo tentativo. Marta dice che sarebbe molto meglio organizzarsi per il pomeriggio, perché le ore del mattino sono difficili e aggiunge che nella sua famiglia gli stranieri non sono visti bene, perché sono diversi da loro.

Natàlia non ha esattamente i requisiti giusti, anzi, non dovrebbe neppure essere presa in considerazione secondo i limiti che ci sono stati posti, perchè viene dall’Ucraina e non è disponibile per i pomeriggi, ma noi la conosciamo bene.

Quando entra, Marta ha in mano una lista che ha preparato per noi, con i punti ben in evidenza. Ad ogni punto corrisponde un dubbio o un quesito che vuole sottoporci. Al punto uno ci chiede quanto durerebbe il contratto, che non dovrebbe interrompersi troppo presto, perché se Natàlia la lascia, poi lei ci rimane male; al punto due la domanda è sul contributo economico; al punto tre si passa alla durata del periodo di prova; al punto quattro la richiesta è se sia possibile andare casa di Natàlia ed eventualmente pranzare con lei; al punto cinque il quesito è fino a che ora possono stare insieme. Per il resto, che Natàlia sia straniera e che non sia disponibile nei pomeriggi, sembra che non interessi più a nessuno. L’importante è che la figlia riesca a muoversi, interviene la mamma, perché sono tre anni che non fa nulla per migliorare. Marta dichiara che a lei Natàlia piace e che oggi non si lascerà influenzare dalla “negatività” della mamma.

Le cose vanno bene, ci racconta Marta qualche tempo dopo, lo vede anche la mamma che adesso esce con Natàlia, fa delle passeggiate in centro, va dal dentista, ed erano ormai due anni che aveva smesso, fa anche i massaggi da una fisioterapista che le ha insegnato a concentrarsi su un punto particolare sotto l’ombelico e questo l’aiuta a trovare un equilibrio statico. Insomma ha voglia di fare, si è stancata di stare sempre seduta, potrebbe dirlo anche Natàlia.

Natàlia è d’accordo, Marta ce la sta mettendo tutta per migliorare la sua vita, anzi vorrebbe fare subito molte più cose, ma le ripete che sta attraversando un altro ciclo della sua vita e deve darsi il tempo perché si compia, senza troppa fretta.

Marta protesta che invece lei crede nei miracoli ed è arrivata alla conclusione che se Dio l’ha lasciata in vita, forse si aspetta qualcosa.

Ma che cosa? Continua a chiedersi.